Attorno al ddl Zan volteggia una doppia intolleranza. Da un lato una certa destra che alla libertà di scegliere il proprio destino e all’ identità di genere preferisce sempre e comunque la legge del Vecchio Testamento, dall’altro le intemperanze, le offese di chi vorrebbe addirittura che il Senato non discutesse alcunché. Ai primi è inutile ricordare che la legge di Dio non è mai stata pubblicata in gazzetta ufficiale, quanto ai secondi, spesso minoranze emarginate, maltrattate, al fianco delle quali ho lottato tutta la vita, si richiederebbe una dose di buon senso più alta se necessaria a rendere la norma migliore. In entrambi i casi la prova, la pistola fumante, di come l’accusa equivalga a condanna, tanto più quando viene amplificata dal tribunale dei media. Come proponi una modifica di civiltà – penso alla libertà di opinione resa incerta dall’art. 4 – vieni inserito d’ufficio nella schiera degli omofobi, paragonato alla destra tradizionalista anche se la tua vita è costellata di battaglie civili, dal divorzio all’aborto fino alle unioni civili. L’accusa raddoppia grazie ai social: succube del Vaticano, oscurantista, servo di qualche oscuro potentato. Ha scritto il magistrato francese Antoine Garapon: ‘L’evidenza morale della causa difesa consente di rinunciare a qualsiasi procedura. Scatta la molla della vergogna, una presunzione di colpa di cui si avrà difficoltà a sbarazzarsi’.
Mi chiedo se non sia il ritorno a un certo ordine morale, proprio quell’ordine spazzato via dalla rivoluzione francese. E in quanto ordine morale non criticabile, benché una cosa sia criminalizzare l’istigazione alla discriminazione, altra cosa la propaganda.
Sia chiaro: nel ddl Zan non c’è alcuna ingerenza negli affari della chiesa e la lunga mano del Vaticano è stata una palese invasione di campo.
Io voglio dare riconoscimento giuridico a minoranze che al momento sono ignorate dal diritto.
Io voglio sanzionare con severità atti di discriminazione e violenza.
Io voglio vivere in una società ove la libertà di scegliere sia garantita senza altri aggettivi.
Io non voglio, però, che un’opinione personale venga sottoposta all’arbitrio decisionale di un giudice. Sarò ancora più chiaro: non voglio che si sostituisca una garanzia costituzionale per la manifestazione del pensiero con una garanzia da legge ordinaria.